COMUNICATO STAMPA - 27 Febbraio 2024
Ancora una volta i Tribunali si esprimono in favore di quei soggetti, amministratori di società srl e soci delle stesse, che ritengono immotivata la richiesta da parte dell’INPS di iscrizione alla Gestione Commercianti oltre quella naturale della Gestione Separata. Iscrizione che viene chiesta quando oltre che essere amministratore si è anche socio della società a responsabilità limitata. Situazione tipica del nostro tessuto imprenditoriale. La recente sentenza del Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, del 24.01.2024, nr. 334, che segue quelle già ottenute in passato da vari ricorrenti, ha ribadito che è dovuta esclusivamente l’iscrizione alla Gestione Separata in presenza di determinate condizioni che sinteticamente possiamo riassumere quando l’attività svolta non è prevalente e non è di carattere operativo. Di contro l’INPS sostiene da sempre che nell’obbligo rientra anche l’attività di controllo e di legale rappresentanza. Purtroppo serve a poco ribadirlo da parte dei Tribunali, perché l’INPS continua a perpetuare una richiesta di pagamento, DOPPIA contribuzione, anche in presenza di sentenze che affermano la illegittimità di questa richiesta. In particolare per quei casi in cui è palese che l’amministratore non concorre alla produzione ma ne coordina solo attività e in taluni casi nemmeno quello, magari perché lavora presso altra organizzazione e ciò è dimostrato anche dal valore dei compensi. Una richiesta che dimostra un accanimento, in questo caso vessatorio, verso questo tipo di lavoratori che, per vedere riconosciuto questo diritto, ammesso che si arrivi in fondo con giudizi univoci, devono ricorrere in Tribunale, cosa che non tutti fanno, possono o vogliono fare.
Ecco perché siamo in totale disaccordo con flat tax e concordati vari, quando a taluni viene dato e ad altri viete tolto, in questo caso vengono chiesti contributi doppi per svolgere di fatto la stessa attività. E ciò avviene solo per aver deciso di non occultare la propria presenza nella società, ad esempio con l’intestazione a una fiduciaria che mette al sicuro da ogni pretesa. L’assurdità di questa richiesta è del tutto incomprensibile: si paga due volte per aver svolto una attività, come se questa producesse un doppio risultato anche sul piano della redditività. Qualcuno potrà obiettare indicando come, la qualifica di un socio, possa dare anche produrre un ritorno economico ulteriore al proprio compenso, ammesso che si usi questa formula; ebbene potremmo rispondere che lo stesso socio assume anche le perdite quando ciò avviene, ma si pagherà lo stesso, e che in ogni caso gli “utili” sono tassati anch’essi separatamente, pertanto avremo una ulteriore tassa aggiuntiva. Insomma per essere chiari, una preda facile da attaccare perché la difesa non è possibile se non appunto in Tribunale dove non tutti possono ricorrere e l’esito non è sempre certo.
Il tema è la specifica attività che in realtà che dovrebbe dimostrare l’istituto, tuttavia non possiamo non condividere l’interpretazione del Giudice che ha sottolineato il fatto che vadano ben delineate e differenziate le attività dell’amministratore tra mansioni tipiche di tipo esecutivo, cioè produzione e simile; o di tipo meramente amministrativo e di controllo manageriale, differenze che correttamente, anche se non condividiamo comunque il principio di una “doppia contribuzione”.
Un amministratore che svolge la sua attività in questa funzione si iscrive alla Gestione Separata, che già di suo è una gestione penalizzante, tenendo presente che è quella più costosa in assoluto tra tutte le gestioni Inps, è quella che sicuramente sconta un calcolo negativo di “pensione o meglio rendita finanziaria” inferiore a tutte le gestioni; non maturi l’anno di anzianità ai fini del calcolo se non maturi 18mila euro e, non bastasse questo per essere penalizzati, insiste anche la doppia contribuzione. Insomma un paradosso nel paradosso che nemmeno le sentenze riescono a risolvere. Infatti quello che manca è una scelta coraggiosa della politica che una volta per tutte si esprima e metta la parola fine a questa palese ingiustizia.